le museL’ ultimo appuntamento domenicale del Laboratorio delle Arti e delle Lettere “Le Muse” è  stato dedicato alla presentazione del docufilm nel Messico del giornalista calabrese  Claudio Cordova, nel paese dei “desaparecidos”.

Un documentario  con la regia di Antonio Morelli, ha ricordato il presidente Giuseppe Livoti, che racconta in 40 minuti la grave tragedia messicana e le connivenze delle istituzioni che, coprono i cartelli in cambio di soldi, consensi e potere ed al tempo stesso come la Calabria ed territori lontani geograficamente siano accumunati da determinate situazioni –oscure-, vera e proprie problematiche internazionali.

Claudio Cordova è fondatore e direttore del quotidiano online Il dispaccio, ha lavorato per diverse testate calabresi, occupandosi di cronaca nera e giudiziaria e di giornalismo investigativo. Nel 2014 è stato nominato consulente esterno della Commissione Parlamentare Antimafia ha messo in evidenza la vice presidente Muse Francesca D’Agostino e questo è servito al giornalista per conoscere la triste realtà che si vive in Calabria.

Cordova ha esordito affermando come esistono ancora associazioni come “Le Muse” che si possono definire “avamposti di legalità”, in una città caratterizzata da una comunità disgregata, dove non si ha il piacere della comunanza e dove a volte si strizza l’occhio ad ambienti che non dovrebbero dialogare tra loro. Abbiamo bisogno di un buon revisionismo, non si guarda al futuro, cittadini che dovrebbero passare dal disimpegno all’impegno, non occorrono eroi, ma ognuno con la propria parte soprattutto con cio’ che manca e sarebbe fondamentale avere “dignità”. Stimolato al dibattito da Livoti su come Cordova vede la città di Reggio Calabria, il noto giornalista ha evidenziato che occorre molta trasparenza, non creare spaccature e oggi come oggi non è degno di una amministrazione fare comunicati stampa su problematiche quotidiane quale la riparazione del guasto di una fontana  o altre banalità che riguardano come è accaduto nelle ultime settimane, amministratori che hanno la maturità anagrafica ma non amministrativa: la città è desolata e desolante. Abbiamo uomini inadeguati ed un sindaco donna potrebbe essere una vera a propria rivoluzione per la città. Reggio stranamente non ha mai avuto ballottaggi e questo la dice lunga per il giornalista sui gruppi di potere che sanno già da quale parte schierarsi. Il trasformismo politico poi è altra nota dolente, trasformismo che dalla morte di Falcomatà in poi ha portato a continue “migrazioni”, sintomo di un vero e proprio “sistema”.

Nel 2017 –dice Cordova- mi sono recato in Messico per tenere degli incontri all’università e mi colpì, la presenza di donne, ognuna con al collo una o piu’ foto di volti. Un uditorio al femminile che mi fece pensare molto e scoprire come questa gente, cercava giustizia per i loro parenti –scomparsi nel nulla- . Da qui la scelta di ritornare in questo territorio per documentare, in incognito, come un turista per caso, questa triste realtà.

“La terra degli alberi caduti” proiettato subito dopo la prima parte del dibattito ha dimostrato al pubblico come il Messico non è il sogno della vacanza all’estero, ma un territorio dove esiste quella forma di –ingenuità della disperazione- portata avanti da madri e sorelle che hanno perso figli o parenti in circostanze poco note e, dove lo Stato è responsabile di ciò che accade. L’impunità in questi luoghi sfiora il 100% ed anche il ruolo del giornalista è asservito al potere. Per me, continua Cordova, un’ esperienza di trentacinque giorni di tensione, alla ricerca di fonti e notizie su giovani scomparsi, il racconto di vere e proprie fosse comuni, ossarii e testimonianze di diritti umani violati, all’ombra della vendita di droghe esportate all’estero, tratta di donne ed ancora la testimonianza di madri che scoprono come “…era stata la polizia a portarsi via i figli con l’appoggio di agenti statali compreso il loro comandante”.

L’aiuto del governo e poi di tutte le istituzioni è nullo, poiché, questa è la corruzione in Messico. Duro racconto che trova la sua triste fine con un detto della cultura messicana ovvero “… quando cade un albero tutti fanno legna”. Ed è vero.