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Il prof. Sabino Cassese e il Maestro Ciullo “suonano” Bach – I magistrati  Paris e Spedale rievocano l’attualità giuridica di Dalla e De Andrè

 

Il connubio tra musica e diritto si è indissolubilmente consolidato nella sessione inaugurale del Festival Nazionale del Diritto e della Letteratura Città di Palmi intitolata Libertà e regole tra musica e diritto: al CineTeatro Manfroce di Palmi, la mattina di venerdì 19 aprile, davanti a una platea gremita di spettatori e di studenti provenienti da istituti tecnici e superiori della Piana di Gioia Tauro -che per l’evento si sono preparati con seminari specifici-, il prof. Sabino Cassese, Docente di diritto pubblico ed economia, diritto amministrativo, editorialista, già Giudice della corte costituzionale nonché musicista, è stato ospite d’onore da remoto, trattando una relazione sulle  Variazioni Goldberg di Bach e sulle analogie tra musica e diritto. Queste ultime sono intese dal giurista come un rapporto triangolare: “Come quello tra autore o compositore – esecutore – ascoltatore, così anche nel diritto c’è un legislatore, un interprete dell’esecutore che la applica e infine c’è un cittadino che la esegue, la mette in pratica, un osservante della norma, c’è sempre un rapporto trilaterale che chiude il cerchio che musica e diritto rappresentano”, ha dichiarato Cassese.

Il tema dominante della relazione guidata dal professore, dal titolo Interpretazione musicale e interpretazione giuridica: variazioni sulle Variazioni Goldberg è stata alternata dalle esecuzioni dal vivo delle Variazioni, che il giurista ha propriamente chiamato Metamorfosi e che sono considerate tra le più alte sperimentazioni mai realizzate da Bach: queste “trasformazioni in musica” sono state eseguite, con grande coinvolgimento del pubblico, dal M° Daniele Ciullo, docente di pianoforte e pianista concertista  in contesti internazionali; si esibisce sia in formazioni di gruppo che musica da camera, che da solista.

Il prof. Cassese ha ordinato le sue riflessioni intorno a cinque temi: 1) Le analogie tra musica e diritto; 2) Parlare del protagonista Johann Sebastian Bach come artista e scienziato della musica; 3) Parlare delle Variazioni Goldberg; 4) Spiegare il contesto nel quale le Variazioni nascono; 5) L’ascoltatore della musica e il destinatario delle norme.

Nel primo punto, il giurista ha messo in luce come possano esistere, sia per la musica che per il diritto, possibilità di interpretazione, così che l’applicazione delle norme non renda meccanico il lavoro dell’esecuzione delle leggi. Interpretare significa riprodurre, ogni interprete deve riprodurre le note e applicare le norme. Il compositore detta istruzioni all’esecutore così come il codice civile detta istruzioni all’interprete. Sia la musica sia il diritto nascono da interpretazioni, ed è una funzione creativa”, ha proseguito Cassese.

Il legame tra musica e diritto ha fatto poi, nella sessione moderata dal magistrato Ilario Nasso, un salto temporale, passando da Bach alla poesia dei nostri cantautori,  che nelle loro canzoni hanno espresso umanità per gli ultimi, gli indifesi e gli imputati di qualche crimine: a raccontarci questi aspetti, con l’occhio del giudice attraverso le canzoni si specchia nei bassifondi del mondo, i magistrati Gaspare Spedale e Claudio Paris, entrambi molto legati alla musica e alla Città di Palmi.

Il dott. Gaspare Spedale, nel suo intervento “De André e il dito più lungo della mano”, ha raccontato del suo “amore non corrisposto” per il cantautore genovese: “Perché De Andre ha parlato del diritto e dei giudici ma li ha massacrati”. Spedale ironicamente entra nei testi di De André che condannano la sua stessa categoria. “De André viveva i bassifondi”, racconta Spedale, “era un abitante di questi luoghi, vive questo mondo racconta episodi, eventi e circostanze che potrebbero dare scandalo ma li descrive con semplicità e invita ad approcciarci ad essi e a viverli con amore. Nella canzone Delitto di paese De André può concedersi un lusso che a noi del diritto penale non è permesso: cioè quello di guardare nel cuore degli assassini. Essi vanno a rovistare nella casa del morto per cercare il denaro ma constatano che era solo un uomo che amava, si inginocchiano piangendo. Un pentimento che gli permette di guadagnarsi il Paradiso, quando i gendarmi arrivarono li trovarono piangenti, e quando furono impiccati/Volarono tra i beati”. L’intervento di Spedale si conclude con l’ultima canzone, Sogno numero due, l’unico brano in cui De André ha pietà per un giudice: racconta di un giudice che giudica un boia e che proprio per aver cercato di giudicare il potere, è stato sostituito prima lui e poi la legge. È un giudice vinto. “Bisogna sempre cercare di difendere l’autonomia dei giudici rispetto ad altri poteri, è con singole riforme che si trova a giudicare solo chi potere non ne ha, gli ultimi. Questo non è un problema di rapporti tra giudici e politica, ma anche vostro, come dice De André ne “La canzone del maggio”: Provate pure a credervi assolti/Siete lo stesso coinvolti”.

Altro cantautore dalla profonda umanità era Lucio Dalla: il tema “Un desiderio in gabbia: Detenzione e diritto alla sessualità tra Lucio Dalla e la Corte Costituzionale e descritto dal   magistrato Claudio Paris. “La sentenza della Corte Costituzionale del gennaio di quest’anno che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 18 della legge del 26 luglio del 1975 n.354 nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere confronti anche con il partner senza il controllo a vista del personale di custodia; non c’è una norma che preveda esplicitamente il divieto però è chiaramente un sistema che prevede un colloquio sotto un controllo visivo della polizia penitenziaria. La corte non ha detto che il controllo è necessariamente giustificato, ma va censurata la norma; la CC ha detto: questa norma così non va bene perché è irragionevole poiché li riconduciamo a una desertificazione affettiva che è l’opposto della risocializzazione”

Più di 50 anni prima, nel 1971, Lucio Dalla scriveva “La casa in riva al mare” dove descriveva lo slancio affettivo probabilmente di un ergastolano, che guardava dalla finestra della sua cella una donna di cui non conosce né la storia a cui è attribuito nome di Maria e quindi immagina di poterla sposare con un anello al dito. “Lucio Dalla guarda con umanità a questa sofferenza”, afferma Paris, “Chiaramente non immaginava che 50 anni dopo la Corte Costituzionale potesse introdurre un principio rivoluzionario”.

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Deborah Serratore.

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