giustiziaQualche giorno fa è stato pubblicato uno studio, quasi un documento di sintesi, una analisi dello stato dell’arte, sulla mancata attuazione in tutte le regioni italiane della norma elettiva sulla doppia preferenza di genere. La garanzia di accesso cioè per uomini e donne, senza vincoli discriminatori.

A redigere il documento  Le Costituzionaliste, studiose e docenti di diritti costituzionale di chiara fama.

(Qui il link https://www.gruppodipisa.it/8-rivista/416-le-costituzionaliste-il-mancato-adeguamento-delle-leggi-elettorali-regionali-alle-prescrizioni-statali-sulla-parita-di-genere)

Lo abbiamo trovato interessante e cercato di renderlo comprensibile per chi non è avvezzo al linguaggio del diritto.

In sintesi Le Costituzionaliste spiegano quale sia stato il lungo percorso normativo che ci ha portato alla battaglia per la doppia preferenza di genere in molte regioni italiane e quali possono essere le prospettive di un mancato adeguamento.

 Dal 1999 ogni Regione può definire il proprio sistema elettorale, con vincoli di uniformità su tutto il territorio nazionale. Tutto quanto di competenza delle Regioni deve comunque avvenire in ottemperanza al dettato costituzionale e all’ordinamento giuridico.

Nel 2001 è stato necessario che la Corte costituzionale chiarisse, con la legge cost. n. 3 di quell’anno, il compito delle Regioni  di promuovere la parità di genere nell’accesso alle cariche elettive. Nonostante la norma fosse chiara molte Regioni non hanno provveduto, è quindi da parecchi anni, almeno 19, che la politica regionale, in molte aree del paese, è tenuta in piedi in modo scorretto, ingiusto, non equo.

Il legislatore nazionale ha quindi pensato, dopo ben 15 anni, di dover provvedere con una nuova norma, la legge 20/2016, “al fine di reagire all’inerzia di talune regioni e alla tenue azione di altre, la legge n. 20 del 2016 ha sostituito il principio delineato sulla falsariga dell’art. 117, settimo comma, Cost., con una disposizione più stringente, volta, da una parte, a rendere impellente l’obbligo in sé di provvedere, dall’altro a incanalare le scelte attuative regionali verso soluzioni sostanzialmente predefinite , soluzioni peraltro in linea con la giurisprudenza costituzionale in materia“.

Insomma, vi diciamo che deve essere fatto e anche come.

Riguardo a questo le Costituzionaliste specificano meglio, e in modo anche importante, risolutivo oserei dire. E’ vero che lo Stato deve dare spazio alle Regioni perchè possano attuare in maniera diversificata, ma sull’uguaglianza devono avere rilievo, importanza, atti che tendano ad avvicinarsi a modelli uniformi.

Su questioni di così importante rilievo come libertà, diritti di uguaglianza non si deve giocare mettendole sullo stesso piano dei diritti delle realtà territoriali. Deve essere garantita l’uniformità di raggiungimento del diritto su ogni area del Paese.

Lo Stato ha quindi il dovere di attivarsi quando questi diritti non vengono garantiti…e da così tanto tempo!

Se non sono previste azioni sanzionatorie le Costituzionaliste avvertono dei pericoli dei contenziosi (già aperti ad esempio in Calabria), dove le prospettive potrebbero essere davvero rigide, con il rischio della dichiarazione di illegittimità delle elezioni. Se così non fosse quantomeno il giudice ne ravviserebbe la questione di legittimità costituzionale e invierebbe alla Corte, la quale agirebbe da garante dei diritti, tornando sempre alla illegittimità delle elezioni.

“Laddove le elezioni regionali si svolgessero ignorando le prescrizioni statali in tema di parità di genere, si aprirebbe infatti la strada per contenziosi aventi ad oggetto i risultati del voto. Il ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria apre la possibilità che le tornate elettorali siano dichiarate illegittime”.

Non sarebbe stato meglio operare subito? Soprattutto davanti alla richiesta forte e massiccia di molte organizzazioni a sostegno dei diritti civili e delle pari opportunità? Perchè ancora adesso il divario uomo/donna deve essere così forte e i poteri arroccati su una grande divisione di genere? Noi leggiamo come importante segnale di degrado sociale e politico un percorso dove i diritti e la loro attuazione arrancano in decenni. Come siamo anche convinte che il percorso di recupero e affermazione fattiva degli stessi diritti possa costituire un momento di consapevolezza cittadina, dove la consapevolezza civica possa evolversi fino a diventare una voce di dialogo importante in uno Stato che si ammanta della caratteristica di civiltà.

Raffaella Rinaldis