direttoraSi, certamente si presenta come una elegante siepe traboccante fiori ma sempre recinto mi sembra. Ma si può rivittimizzare anche donne vincenti??

Ho avuto modo di difendere lo spazio di Ferragni al Festival con le meravigliose donne di Dire, quelle che giorno per giorno prendono per mano una donna vittima di violenza e con grande serietà e non troppo clamore, le aiutano ad allontanarsi dalla violenza, a rendersi conto del proprio valore e a ricostruirsi una vita.

Perchè è facile andar contro l’elegante e superseguita regina dei social,  mi piacerebbe però sapere in quanti detrattori hanno devoluto sia pur una piccola cifra o un pò del loro tempo in favore delle donne vittime di violenza (perchè i centri arrancano e gli aiuti statali non sono adeguati).

Veniamo a noi. Prima serata ok, già detto, poi arriva la campionessa sportiva Egonu e le si lascia spazio al monologo su un tema anch’esso importante, l’odio e il razzismo. Parole dirette e vere. E continua con Francini e un altro stereotipo contro le donne, la scelta o non-scelta della materinità.

Ecco. Dalla prima serata alla penultima è cresciuta in me la sensazione che le intenzioni sono buone ma poi, alla fine, il risultato risulta pessimo. Un altro recinto, un altro sguardo pietoso verso noi, povere donne, alle quali si dà una pacca sulla spalla, si dice che siamo brave e si butta l’osso perchè così siamo pure contente! 

Presenti al Festival, con temi importanti. Ma sempre vittime siamo. Forse perchè fa audience, non so. Fatto sta che io l’avrei vista con piacere in altro modo. Una socialite che scende le scale osannata perchè in barba a tanti uomini (marito compreso) fa un mucchio di soldi, tanti, con la sua bravura nella comunicazione. Dà lavoro a molte persone e attrae milioni di ascolti, come si è visto dagli share. Invece eccola lì, tanti complimenti melliflui e poi a dire quanto è triste che venga giudicato il nostro corpo, nel bene o nel male.

Si continua con la campionessa sportiva, fosse stata un giocatore di calcio al suo stesso livello, alla sua discesa della scala sarebbero partiti i cori da stadio a esaltare  la sua bravura nello sport. Invece tanti complimenti melliflui e vai giù di “poveretta” è stata bullizzata con frasi razziste. Che è vero MA LEI NON E’ QUELLO, anzi il contrario, non è vittima, è campionessa! Ecco, torna il concetto della rivittimizzazione. E chi lavora nella lotta contro la violenza sa di cosa parlo. Una persona portatrice di disabilità non è la sua disabilità, è una persona con tanti pregi e difetti ma non è la sua malattia o disabilità. Una donna vittima di violenza non è solo quello, è una persona normalissima che cerca di ricostruire la propria vita, una donna manager non è il suo corpo soppesato anche se lo usa per apparire nei social, una donna in carriera non è la sua mancata maternità, è tutto quello che è al di là della sua scelta.

Gli concedo il beneficio del dubbio, aspetto l’ultima sera per scoprire (sono una inguaribile ottimista) che tutto ha portato ad un finale del tema “Donne. forti e vincenti pur tra mille impedimenti” (liberi i diritti d’autore se volete comporre una canzone!).

Perchè seppur libere e vincenti le grandi donne di sport e spettacolo che hanno brillato all’Ariston l’ombra della rivittimizzazione l’hanno avuto comunque cucita addosso.