editorialeLa Politica, soprattutto in questo momento storico, ha bisogno delle Donne, i politici non le vogliono. Cercherò di affrontare qui una disamina quanto più oggettiva possibile sul dato raccolto ieri dalla non votazione in Consiglio regionale sulla doppia preferenza di genere.

Occorre fare una premessa, la lotta per una maggiore rappresentanza femminile presso il Consiglio regionale è partita dalla nascita delle stesse  assemblee, mille anni fa, se consideriamo il fatto che ad oggi la situazione della garanzia di inserimento delle donne in Consiglio è fermo ad allora. La differenza di 1 a 30 è vergognosa. Così come lo è assicurare un posto, un recinto per animali a rischio di estinzione, riservato alle donne, altrettanto vergognoso. Lo strumento della doppia preferenza, inutile stare qui a ripeterlo, è garanzia di libertà di partecipazione ma allo stesso tempo obiettività del risultato, quello delle urne.

Sulle spalle delle Donne.

Vi racconterò la seduta del Consiglio per immagini, diverse ed emblematiche, che la diretta istituzionale non potrà mai raccogliere. Ieri le donne sono state offese, offese da una costruzione facilona svoltasi in assemblea e prima nella conferenza dei capigruppo. Tutto il rispetto per le istituzioni ma sono prima loro a dover rispettare i cittadini e le cittadine. Ieri si riunisce la conferenza dei capigruppo, terminata questa esce subito la notizia, prima dell’apertura dell’assemblea, sul Corriere della Calabria il “voto sulla doppia preferenza slitta”. Tutti, molti, sapevano che ci sarebbe stata la richiesta di rinvio del punto all’ordine del giorno e nelle dinamiche politiche ci sta pure. Ma la questione è un’altra, è il modo nel quale tutto è stato composto. Partiamo dall’inizio, tre anni fa Flora Sculco propone la legge, passa dall’esame della commissione dedicata ed è pronta alla votazione in aula, con gli emendamenti sulle quote di lista. Ma in aula non ci arriva mai, si aspetta, si spera. Finchè i movimenti femminili cominciano a fremere, la Casa delle Donne di FimminaTV raccoglie le forze calabresi e si comincia a premere sulle istituzioni perché si arrivi alla votazione, sta diventando tardi, entro gennaio va tutto fatto altrimenti l’Assemblea regionale entra in vacatio e si perde l’occasione della doppia preferenza alle prossime regionali.

Qualcosa comincia a muoversi, la rassegna stampa su iniziative e posizioni diventa quasi quotidiana, la pressione aumenta, però passa l’estate e non si scorge nulla all’orizzonte; Nicola Irto, presidente del Consiglio regionale, promette di inserirla alla seconda assemblea di settembre. Nel frattempo la mancata dichiarazione diretta di Oliverio preoccupa sulla effettiva volontà di approvare, le stesse donne del Pd che avevano chiesto udienza non vengono ancora ricevute. Si alza il tiro, cominciano ad uscire le interrogazioni parlamentari, una addirittura da Viscomi, deputato del Pd, gesto non visto bene dal suo partito ma che sembra abbia sortito effetto perché la settimana successiva Oliverio incontra le donne del Pd e le istituzioni paritarie, Cinzia Nava, presidente CRPO e Tonia Stumpo, consigliera regionale di parità. Dichiara di voler sostenere la norma ma che va incardinata nella legge elettorale. Ulteriore slittamento ma ci si chiede, perché adesso perché, dopo tre anni dalla proposta Sculco, nessuno aveva pensato a come gestire la questione. La risposta: perché non interessava a nessuno. Non interessava perché il momento storico è tragico. Inserire la norma per un partito che sta facendo i conti con una crisi partita dal 4 marzo porta e dover affrontare il calcolo matematico dei seggi, per ora si prevede pochi, che si conquisteranno alle prossime elezioni regionali e il numero più esiguo che rischia di esserci con la presenza più massiccia di donne a contendersi quei pochi posti.

Ma Oliverio ci ha messo la faccia, e quindi adesso bisogna capire come muoversi. La nuova ipotesi spaventa le Donne che si battono davvero per i diritti paritari e si guarda con sospetto ma comunque con un barlume di fiducia. Arriva la convocazione del Consiglio regionale per il 28 settembre e tra i punti all’ordine del giorno c’è la proposta di legge Sculco. Irto ha tenuto fede al suo impegno e l’ha inserita in calendario. La confusione si è diffusa nella regione, allora si approva la proposta Sculco? Cosa succede? L’unica cosa è seguire il Consiglio e percepire le voci che partono dal gruppo di Oliverio. Comincia ad emergere l’ipotesi del rinvio, si trema, allora cosa succederà? Oliverio non c’è e voleva esserci. Ok, ci sta. Si spera ancora. Ma ecco cosa succede in aula.

Come da regolamento del Consiglio arrivano gli emendamenti alla legge due giorni prima dell’assemblea, a firmarli Bova e Sergio. Sanano il problema del novellato normativo. Il giorno dell’assemblea si riunisce la conferenza dei capigruppo e si decide di rinviare.

Per quanto accaduto tecnicamente in aula c’è la nostra cronaca http://www.fimminatv.it/doppia-preferenza-in-consiglio-non-votano-aspettano-oliverio-allora-solo-una-soluzione-unanimita/

Quello che invece voglio raccontare qui è quanto emerge da alcune immagini del Consiglio. La confusione, quasi tutti votano per il rinvio, si astiene la maggioranza, chi interviene parla di aggiornamenti che vanno fatti alla proposta altri di incardinamento nella legge elettorale. Delle due una, perché prospettare due ipotesi? Si parla del fatto che Oliverio voglia essere presente alla votazione, ma di cosa? Se della Sculco va bene, ma se della legge elettorale in questo caso non si vota direttamente e comunque sulla legge elettorale è evidente che sarà in aula. Vi suona come scusa? La stessa consigliere Sculco, parla di strumentalizzazioni ma non spiega perché in tre anni non ha lavorato sulla sua stessa proposta, perché venisse votata in Consiglio. La stessa è autrice di un gesto che per chi scrive è inqualificabile e poco rispettoso delle donne che erano tutte lì, a cercare di capire se quello sarebbe stato registrato come dato storico nella storia della politica calabrese. Passato il rinvio l’onorevole Sculco batte cinque con l’onorevole Sebi Romeo. Un gesto triste, che mi ha offesa. Poteva pure essere il gesto amichevole di due consiglieri che avevano trovato quella mattina il miglior parcheggio tra quelli riservati ai consiglieri, come poteva essere anche la vittoria su due colleghi che avversavano Oliverio e che avevano votato contro il rinvio. Ma non dovevano farlo, per rispetto delle donne presenti, della lotta che stavano portando avanti da tempo e che, dignitosamente ma seccamente, si sono alzate in piedi e hanno lasciato l’aula. Gesto questo che ha fatto rumoreggiare qualche consigliere come gesto poco educato. E cosa vogliamo dire del non voto come gesto di educazione verso di loro? In effetti non è il non voto a offendere, ma il modo rabberciato di una questione che di dignitoso non aveva nulla. Lasciamo stare poi le battute legate al fatto che chissà dove volevano arrivare le donne che sono uscite, speravano di candidarsi, ebbene? Perché? Non ne hanno diritto?  Perché ieri non si è trattato di rinviare un voto ma di aggiustare una questione partitica, non politica, tra pochi. Ieri il diritto alle pari opportunità nella sua essenza non è stato nemmeno sfiorato nel pensiero dei consiglieri, solo l’opportunità di andare a difesa o contro Oliverio. E di questo il Governatore se ne deve rendere conto, lo dico da cittadina, non sono io a dover rispettare lui ma lui a rispettare me, che insieme a migliaia di persone l’ho collocato lì e dal quale pretendo rispetto e lotta per me e per i miei diritti.

E le donne che non lottano per le donne. Nella battaglia sulla doppia preferenza, tra le donne,  c’è anche da lavorare su chi la vuole veramente e chi, invece, la usa come strumento partitico che nella logica dello stesso vessillo può anche metterla da parte. Donne che dite di volere la parità, dovete alzare la voce per farvi sentire nel vostro stesso partito, perché abbassare la testa e aspettare fiduciose vi prepara alla sconfitta e se si abbassa la testa si penserà che continuerete a tenerla bassa. Come le donne del Pd che non hanno fatto sentire la loro voce, non tutte. Hanno  aspettato un mese e mezzo prima di venire convocate da Oliverio e dopo si sono fidate, com’era giusto, ma non hanno reagito al balletto del consiglio, alle scuse accampate dai loro rappresentanti in assemblea. Dovesse passare non sarà una loro vittoria, E hanno permesso una cosa, che si consegnasse alle logiche partitiche il bene più prezioso che abbiamo. Quello della libertà. Da ieri la questione della doppia preferenza non sarà più una questione di tutela dei diritti ma di potere partitico, di posizione pro o contro Oliverio e di basse logiche di potere. Abbiamo perso una partita, anche se dovesse passare la norma, perché non sarà più la vittoria delle Donne per le donne ma di un uomo contro altri, di un potere contro altri. Peccato.

Raffaella Rinaldis