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Intervista al Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto sulla proposta di legge su doppia preferenza di genere

D. Sembra che la data del 15 aprile sia diventata il fine temporale all’ interno del quale la legge sulla doppia preferenza di genere troverà un traguardo. In senso positivo o negativo. L’onda emotiva legata al Consiglio dell’11 marzo e la conseguente fissazione al 15 aprile (dopo una prima immediata indicazione del 25 marzo), spinge verso una disillusione non solo per il risultato ma anche nei confronti della politica che, diciamolo, non ha espresso il meglio di sé nell’ ultimo Consiglio. Dove si fermano (o si devono fermare) gli equilibri politici per garantire l’applicazione di un diritto riconosciuto?

Su questa materia la mia posizione è sempre stata molto rigorosa. Dinanzi alla necessità di recepire nell’ ordinamento regionale una norma nazionale, ho ritenuto che dovesse essere un punto fermo la calendarizzazione della proposta di legge affinché fosse portata in aula. E’ stato così. Lei però parla di “onda emotiva” e di “disillusione”. Credo che l’attività del legislatore, a tutti i livelli, debba essere al riparo da valutazioni di questo tipo. Soprattutto quando si tratta di adempimenti che afferiscono, come dice lei, all’ applicazione di un diritto riconosciuto.

D. Dopo anni, soprattutto dopo l’ultimo anno, nel corso del quale la Casa delle Donne di FìmminaTv ha riattivato l’interesse, insieme alle donne e alle associazioni calabresi, sul tema della doppia preferenza di genere, il percorso normativo per raggiungere la parità di accesso nelle liste elettorali regionali calabresi non è ancora chiaro a molti. Diverse sono state le proposte di nuove norme di accesso paritario che però contrastano con il dettato normativo. Che è chiaro. Nel prossimo Consiglio regionale e fino ad allora, molte potrebbero essere le ipotesi di modifica del testo che sta per approdare in assemblea. Solo poche possono essere ricevibili. L’eventuale contrasto, tra proposta e accettazione della stessa, potrebbe portare ad ulteriori slittamenti?

Da presidente del Consiglio regionale auspico, senza se e senza ma, l’approvazione della legge nella prossima seduta. Credo di aver dimostrato concretamente come il mio ruolo non sia meramente “notarile” ma di garanzia e responsabilità istituzionale. Tuttavia, il merito e l’autonomia delle scelte politiche, delle proposte e delle valutazioni normative appartiene ai gruppi consiliari, in un quadro di centralità dell’aula del Consiglio.

D. La questione della doppia preferenza nel Consiglio calabrese non è più, o non è mai stata, una questione di applicazione di diritti riconosciuti, ma di equilibrio politico. Sembra ormai che la vera politica la facciano quasi solo le organizzazioni socialmente impegnate. Cosa deve cambiare secondo lei perché si recuperi il vero senso della politica, di garanzia dei diritti e della loro tutela anche, paradossalmente, nelle stesse istituzioni?

Lei coglie nel segno di una questione che va oltre la legge sulla doppia preferenza di genere per riguardare, più complessivamente, la politica di oggi. Viviamo un’epoca contraddistinta dalla totale disintermediazione tra leadership e popolo, fenomeno non solo italiano. Credo sia importante, anzi, necessario un pieno recupero del ruolo dei partiti politici come luoghi di confronto, di elaborazione politica e di sintesi. In questa difficoltà del modello tradizionale dei partiti, il ruolo delle associazioni e delle organizzazioni socialmente impegnate è irrinunciabile e, l’ho detto spesso pubblicamente, rappresenta un contributo prezioso anche per sopperire alle difficoltà dei corpi sociali intermedi e delle amministrazioni locali.

D. E’ innegabile che lei ha contribuito a mantenere in aula la proposta di legge sulla doppia preferenza di genere. Come intende proseguire nel tutelare l’iter della stessa fino al suo democratico compimento qualora dovessero paventarsi ulteriori rinvii o blocchi?

Il percorso di questa legge è stato condiviso con la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari, come sempre avvenuto per tutti i provvedimenti più importanti di questa legislatura. E così deve continuare ad essere, a prescindere dal mio ruolo che, come detto, sto cercando di esercitare con il massimo spirito di responsabilità verso il Consiglio regionale ma soprattutto verso i calabresi.

D. Lei è un politico anagraficamente giovane, ricopre un ruolo che necessita di grande equilibrio non solo diplomatico ma anche di carattere. A meno di un anno dalla fine della legislatura regionale cosa può dire di aver imparato e dato alla politica calabrese, ricordando che non sono solo le donne lontane dall’accesso alle cariche politiche ma anche i giovani?

Non spetta a me dire cosa ho dato perché compete ai calabresi; tuttavia posso dire di aver profuso il mio massimo impegno e ogni energia con un’attenzione particolare al mondo giovanile. Ciò che ho imparato, anzi ciò che ho scoperto girando la regione in lungo e largo, è che esistono persone, realtà ed esperienze positive, spesso nascoste, che meritano di essere conosciute e proposte come best practice. Noi calabresi siamo migliori, di gran lunga migliori, di ciò che pensiamo.

Raffaella Rinaldis