direttora

 

 

 

 

 

 

La comunicazione e la “furbizia mediatica” vanno di pari passo con il battito del cuore. Sembrerebbe quasi una frase romantica, di tale però non c’è nulla. Tanto più il nostro cuore aumenta i battiti per l’emozione, che sia positiva o negativa, tanto più i media senza scrupoli trattano una notizia ad “alto rischio cardiaco”.
Così avviene per le notizie sui bambini, sugli animali, di grandi eventi violenti o di catastrofi naturali. Uno degli esempi più lampanti è quello legato ai femminicidi. In molti gioiscono – permettetemi l’uso del termine gioire – quando negli articoli si parla di femminicidio, perché riconosciuto in quanto tale. Da qui a riconoscere culturalmente il delitto come prevaricazione subculturale dell’uomo sulla donna, in quanto questa ritenuta suo oggetto, è ben lungi dall’essere recepito.
Ne deriva una accozzaglia di articoli da piccole testate locali fino a grandi nomi del giornalismo che raccontano con candido pregiudizio l’esatto contrario della realtà; non la donna aggredita, uccisa, sfigurata, violentata, raccontata in quanto centro dell’atto, soggetto passivo e protagonista della situazione, quanto anche qui, come puro oggetto del fatto. Destinataria dell’amore di lui, lui protagonista dell’azione, lui distrutto dal pentimento o lui personaggio del quale raccontare l’evoluzione perversa. Lui protagonista, lei oggetto. Mi stupisce come ancora molte colleghe usino il termine “delitto passionale” o termini simili contenenti la giustificazione del gesto.
A dimostrazione che non si tratta l’evento in quanto notizia legata a un percorso di denuncia sociale ma come strumento di audience o di numero di visite, è proprio il fatto che in molti giornalisti che si accingono ad affrontare il caso, non ne colgono minimamente il senso e si fanno invece portatori di quella cultura deviata che ha portato proprio il LORO protagonista ad armarsi, contro quella che non è altra uguale a lui ma oggetto a servizio del suo ego.
Quindi, caro lettore, dotato di ormai tutti gli strumenti per discernere la “furbizia mediatica”, leggi tra le righe e non farti prendere in giro.

La Direttora