Per Martina. Per tutte.
Martina aveva solo 14 anni. Un’età in cui si sogna a occhi aperti, in cui ogni futuro sembra ancora possibile. Aveva diritto alla sua adolescenza, ai suoi silenzi, ai suoi sbagli, alle sue rinascite. Invece, la sua vita è stata fermata da chi pretendeva che lei gli appartenesse. Da chi confondeva l’amore con la proprietà.
L’ha uccisa un diciottenne, un ex fidanzato, che non sopportava di essere stato lasciato. Un ragazzo a cui lei aveva donato tutto, persino il desiderio di cambiare per amore:
“Sto cambiando per te, per essere una persona migliore che avrai accanto, per starti accanto giorno dopo giorno…”
Martina aveva scritto parole che adesso pesano come macigni. Parole dolci, sincere, piene di speranza, di quelle che si scrivono solo a quattordici anni, quando si crede che basti l’amore per guarire il mondo.
“Ti prometto che ti amerò anche quando nessuno dei due lo farà, anche quando saremo arrabbiati, confusi e delusi… ti prometto che ti amerò sempre.”
Aveva creduto che bastasse amare abbastanza per essere al sicuro. Ma non basta.
Non quando l’amore si trasforma in ossessione.
Non quando il rifiuto diventa condanna.
Non quando dire “basta” significa rischiare la vita.
Quante altre Martina dovranno morire prima che ci rendiamo conto che il problema è culturale, strutturale, profondo?
Abbiamo un disperato bisogno di rieducare l’amore.
Perché, sì, l’amore si impara. E noi stiamo insegnando male.
Fin da piccole, le ragazze imparano che per essere amate devono smussarsi, diventare dolci, non contraddire, compiacere.
“Non farlo arrabbiare.”
“Non essere pesante.”
“Cambia per lui.”
E così, troppe crescono pensando che l’amore significhi annullarsi, per essere abbastanza.
Ma l’amore sano è quello che ci fa fiorire, non quello che ci toglie la voce.
È quello che ci lascia essere, non quello che ci costringe a diventare qualcun altro.
Martina non è morta perché era ingenua.
Non è morta perché si era fidata.
È stata uccisa da un’idea malata di amore, e da un sistema che ancora oggi tollera frasi come:
“Non posso accettare di perderti.”
“Non sei nessuno senza di me.”
“Ti porto con me, anche nella morte.”
Martina scriveva invece d’amore con delicatezza e forza, raccontava della dolcezza di un abbraccio, del modo in cui un sorriso poteva farle passare il male.
“Arriverei alla dolcezza del tuo petto su cui mi appoggio per sentire il tuo calore, e il tuo cuore, e alle tue braccia che ogni volta mi prendono e mi stringono a te.”
Quella tenerezza, però, non è bastata a salvarla da chi non distingueva l’amore dal possesso.
Non è amore quello che stringe fino a far male.
Non è amore quello che vuole tutto e dà solo paura.
Non è amore quello che uccide.
In una società che si indigna dopo ogni femminicidio, ma tace quando una ragazzina rinuncia a sé stessa per tenere in piedi un amore sbagliato, è tempo di dire forte, ovunque, con ogni mezzo:
Non cambiare per amore.
Cambia per te. Solo per te.
Deborah Serratore